di Lorenzo Curti

Il logo luminoso di Eraserhead (1977) compare sull’inquadratura di un pianeta sospeso nello spazio buio, mentre la testa di Henry Spencer, sovrimpressa all’immagine, galleggia orizzontalmente in assenza di gravità.
Osservando la scena di apertura del film d’esordio di David Lynch, è possibile notare i principali motivi ricorrenti del suo cinema. Pensiamo all’importanza dell’oscurità, che diventa il luogo in cui mondi diversi entrano in contatto e le forme si confondono: dal nero emerge Sandy in Blue Velvet (1986), il titolo di Inland Empire (2006) compare sullo sfondo buio illuminato dalla luce del proiettore. C’è poi l’interesse per il corpo umano, spesso scomposto in parti cariche di valori simbolici: la testa di Mary X in Eraserhead, il braccio dell’ignoto Hairy-Armed Man in Mulholland Drive (2001), il cuore nel titolo di Wild at Heart (1990). Inoltre, la forza che muove il corpo del personaggio ricorda la pressione esercitata su un oggetto dall’acqua o dal vento, entrambi elementi naturali cari all’autore, insieme al fuoco: c’è vento nella scena dell’amplesso nel deserto di Lost Highway (1997), l’acqua scorre in Twin Peaks (1990-91) fin dalla sigla. Accanto a questi spunti più immediati se ne trova poi uno meno evidente ma altrettanto significativo: il fluttuare di Henry Spencer.

Questo specifico movimento è incluso tra le parole-chiave del cinema lynchiano individuate dal critico Michel Chion: «Lo stadio in cui si fluttua è quello prima della nascita e della pesantezza (all’inizio di Eraserhead, Henry galleggia orizzontalmente, sdraiato) o dopo la morte (Laura nel suo sacco trascinato dall’acqua), ma è un fluttuare in cui il corpo, invece di essere rannicchiato su se stesso in posizione fetale, ha una forma distesa e allungata».¹ Chion cita la breve sequenza di Fire Walk with Me (1992) dove Donna e Laura, sdraiate sui divani e «viste dall’alto come pesci che nuotano in un acquario»,² discutono sulla sensazione di cadere nel vuoto.³
Anche in Catching the Big Fish⁴ Lynch elabora una similitudine acquatica, riflettendo sullo stretto legame tra la meditazione trascendentale⁵ e il suo processo creativo, basato su un principio di tono aforistico da cui deriva il titolo del libro: «Le idee sono come pesci. Se vuoi catturare un pesce piccolo, puoi restare nell’acqua bassa. Ma se vuoi catturare il pesce grande, devi andare in profondità».⁶ Pensiamo poi a uno dei film più citati dal regista come fonte d’ispirazione: nell’incubo iniziale di 8½ Guido Anselmi sogna di volare nel vento e si ritrova legato a una cordicella, prima di riacquistare di colpo la pesantezza che lo fa cadere in mare. L’atto di fluttuare suggerisce l’idea di una leggerezza innaturale del corpo umano, che proietta subito la mente dello spettatore in dimensioni surreali. Gli stimoli all’origine delle immagini cinematografiche di Lynch sembrerebbero dunque dotati di un peso che li mantiene sul fondo della mente, rendendoli difficili da trovare senza un’immersione; al contempo però possiedono una qualità astratta che sta alla base della loro leggerezza onirica.
Lungi dall’essere semplice metafora, il fluttuare può quindi essere visto come una caratteristica essenziale dei mondi lynchiani e della loro fruizione da parte del pubblico. Film quali Eraserhead, Mulholland Drive e Inland Empire funzionano finché restano sospesi tra sogno e realtà, tra il comprensibile e l’inspiegabile. Appena sopraggiunge la frenesia interpretativa, le immagini si appesantiscono e perdono equilibrio, precipitando talvolta nel vuoto delle letture psicologistiche.

Bisogna sentire l’opera prima ancora di interpretarla, come si fa durante l’ascolto di una canzone. Dice il regista: «[…] la maggior parte delle persone vive la musica in modo emotivo e concorda sul fatto che la musica è un’astrazione. Non c’è bisogno di tradurre subito la musica in parole: basta ascoltare. Il cinema è molto simile alla musica. […]».⁷ Perciò l’accompagnamento musicale è presente tanto all’interno della narrazione cinematografica quanto sui set dei film, poiché: «[…] Sentire la musica è semplicemente una verifica che le cose stanno andando nel modo giusto […]. Quindi è una buona cosa avere a disposizione una qualche musica da suonare per vedere se la scena funziona».⁸
Proprio a questo discorso si lega una delle innovazioni principali del cinema lynchiano: l’elaborazione di un tipo di sonorità inconfondibile su cui impostare lo stile cinematografico.⁹ Fin dai primi esperimenti con i cortometraggi, il regista si è dedicato alla creazione di suoni diegetici ed extradiegetici in dialogo con le immagini, attraverso un percorso di progressivo affinamento che inizia in Eraserhead e si compie in Blue Velvet, grazie all’intervento di Angelo Badalamenti.¹⁰ Il sodalizio con il compositore ha indotto Lynch a ripensare il suo metodo di lavoro nel corso del tempo, anticipando spesso la stesura delle colonne sonore all’inizio della produzione dei film. Racconta Badalamenti: «Le immagini di David sono molto influenzate dalla musica. Il tempo della musica lo aiuta a stabilire il tempo degli attori, dei loro dialoghi e di come si muovono».¹¹
È dunque significativo che nel 1989 la maturazione artistica del regista sia passata attraverso la lavorazione di Floating into the Night,¹² il primo album composto da Badalamenti su testi di Lynch e interpretato da Julee Cruise.¹³ Nella copertina del disco una bambola di plastica galleggia su sfondo completamente nero, che richiama lo spazio di Eraserhead. Il nome è stampato in due colori diversi, così da mettere in risalto il verbo Floating; i brani – ballad malinconiche attraversate da improvvise dissonanze – evocano un’atmosfera inquieta con frequenti rimandi al fluttuare e al cadere, sia nei titoli (Floating, Falling,¹⁴ I Float Alone) sia nei testi, dove diventano allusioni all’innamoramento. Le contaminazioni jazz/dream-pop, la voce fragile della Cruise e la pulsazione ritmica evocano una sensazione di sospensione nel vuoto, che ha quindi un’efficace traduzione visiva nel movimento del fluttuare.

Nello stesso periodo, il regista e Badalamenti portano in scena a teatro Industrial Symphony No. 1: The Dream of the Brokenhearted,¹⁵ un recital di canzoni estratte da Floating into the Night. La protagonista della scenografia progettata da Lynch è sempre Julee Cruise, tenuta sospesa a mezz’aria da cavi che la spostano lentamente in alto e in basso, come fosse una nota musicale, dietro a un insieme di tubi posizionati quasi a formare un pentagramma.
Oltre a suggerire ancora una volta il movimento del fluttuare, questi spunti incoraggiano ad avvicinare il cinema di Lynch attraverso l’udito, a cui peraltro si fa riferimento di continuo.¹⁶ Ricordiamo il sound design opprimente di Eraserhead, l’orecchio reciso di Blue Velvet, l’importanza del citofono in Lost Highway, l’uso dei telefoni in Mulholland Drive: tutte allusioni all’ascolto come a uno degli accessi principali per la comprensione delle immagini lynchiane. Assimilabile al movimento di propagazione del suono attraverso l’aria, l’atto di fluttuare può quindi essere interpretato in qualità di correlativo oggettivo dell’ampia gamma di sensazioni che il regista vuole stimolare, proprio perché diventa il punto di contatto tra la dimensione visiva e quella uditiva.
¹ Chion M., David Lynch, Lindau, Torino, 2000, p.201.
² Ibid.
³ Donna: «Do you think that, if you were falling in space, that you would slow down after a while or go faster and faster?». Laura: «Faster and faster. And for a long time, you wouldn’t feel anything».
⁴ Lynch D., Catching the Big Fish, Penguin Group, New York, 2007.
⁵ Lynch ha praticato quotidianamente la meditazione trascendentale dal 1973, contribuendo attivamente alla sua promozione nel mondo. Nel 2005 il regista ha fondato la David Lynch Foundation for Consciousness-Based Education and World Peace per finanziare l’insegnamento della meditazione trascendentale nelle scuole americane.
⁶ Lynch D., op. cit., p. 11.
⁷ Ivi, p. 23.
⁸ Ivi, p. 55.
⁹ Dice l’attore Kyle MacLachlan: «Lynch è un regista di suono, atmosfera e ritmo», in Norelli C. N., Soundtrack from Twin Peaks, Bloomsbury Publishing, Norfolk, 2017, p. 21.
¹⁰ Il primo incontro tra Lynch e Badalamenti avvenne nel 1986, proprio sul set di Blue Velvet.
¹¹ Norelli C. N., op. cit., p. 31.
¹² La cronologia piuttosto articolata dei lavori di Lynch in questo periodo testimonia l’influenza reciproca tra i vari progetti, con particolare rilievo del disco: nel 1987 Blue Velvet esce nei cinema internazionali; nel 1988 inizia la produzione di Floating into the Night; agli inizi del 1989 prende avvio la produzione del pilota di Twin Peaks; a metà del 1989 è la volta della produzione di Wild at Heart; il 12 settembre 1989 esce Floating into the Night.
¹³ Julee Cruise è la voce per eccellenza del cinema lynchiano e di Twin Peaks. Oltre ai brani contenuti in Floating into the Night, la Cruise ha cantato anche Mysteries of Love in Blue Velvet e alcune canzoni di Wild at Heart e Fire Walk with Me, inserite poi in The Voice of Love (1993), il suo secondo album prodotto da Badalamenti e Lynch.
¹⁴ La versione strumentale di Falling è stata utilizzata come sigla di Twin Peaks, mentre altre canzoni (The Nightingale e Into the Night) ricorrono all’interno della serie.
¹⁵ Presentato al festival della Brooklyn Academy of Music del 1989, lo spettacolo è un repertorio degli elementi ricorrenti dell’immaginario lynchiano, utilizzati per raccontare la fine della relazione tra due innamorati e descrivere l’infelicità della donna abbandonata con una serie di visioni oniriche.
¹⁶ È nota la frase di Lynch secondo cui: «I film sono al 50 percento visivi e al 50 percento sonori. A volte il sonoro sovrasta persino il visivo.»

Lorenzo Curti legge tanto, scrive poco e cerca di tenere in vita il cervello.